martedì 26 marzo 2013



Giorno 23 Marzo 2013 nell'aula magna del I.I.S.S. Sebastiano Mottura di Caltanissetta è stato presentato il nuovo romanzo
di Nino Lacagnina dal titolo "Realtà onirica a Qalat An-Nisa e sogni di vita reale nelle zolfare"
 con la seguente Prefazione del Prof. Salvatore Farina
                                                                                       

Caro lettore,

il libro che ti accingi a leggere è particolare, molto particolare. Non è un romanzo, anche se è ricco di trame e di personaggi. Non è una raccolta di racconti, anche se contiene capitoli che narrano delle storie complete. Non è un libro di poesie, anche se le pagine più emozionanti sono scritte in versi. Non è, infine,  un libro di illustrazioni anche se quando le parole non riusciranno ad esprimere il significato profondo che l’autore voleva comunicarti, ecco comparirti come d’incanto delle immagini. Questa originalissima sintesi creativa che tieni tra le mani è il frutto maturo del maestro Nino Lacagnina. Nella presente opera, l’eclettico artista nisseno ha deciso di sfidare se stesso e tutta la sua straordinaria capacità comunicativa affrontando uno dei temi più misteriosi e più affascinanti della vita: il sogno. Oltrepassando il confine della realtà fenomenica e varcando la soglia della dimensione onirica, Nino Lacagnina ha spalancato gli occhi e il cuore al di là dello spazio e del tempo e ha ascoltato - a tutto volume! -  l’eco delle muse proveniente direttamente dal Parnaso. Il primo sogno “Vita onirica a Qalat An –Nisa” si svolge nel Medioevo siciliano durante lo scontro tra gli Arabi e i Normanni. Protagonisti a sorpresa sono  Fragalà e Lord Alfred: la bellissima primogenita del Kadì Omar Ghadi e un eroico capitano delle truppe normanne. E’ favolosa – nel senso più letterale del termine – l’idea che ha avuto Lacagnina di raccontare questo famoso evento storico attraverso la struggente ed avventurosa storia d’amore di due personaggi appartenenti a fronti opposti. E’molto bello il passo in cui è descritta la conversione del mercenario normanno alla causa giusta contro il tiranno Mustafà Al-Muk: “… A quelle parole restai perplesso, turbato, pensai ai miei ultimi anni impegnato in lotte ora al servizio di uno e l’indomani al servizio di un altro magari contro il primo. Una vita spesa senza ideali e onore! E poi, la causa di Fragalà è degna di rispetto; ella combatte per la sua libertà, per riscattare l’onore della sua famiglia e liberare una città dalla tirannide”. Il sogno a Qalat An-Nisa raggiunge il massimo del coinvolgimento quando Lacagnina si lascia andare nella narrazione quasi filmica delle scene di combattimento ambientate a ridosso del castello: sono fotogrammi, visioni oniriche che infiammano l’immaginazione del lettore. E poi, essendo nato a Tripoli e avendo coltivato per tutta la vita un amore viscerale per il mondo e la cultura araba, l’autore attinge direttamente al proprio bagaglio di conoscenze per descrivere magistralmente i momenti di intimità e di eros tra i due protagonisti. Le pagine della danza del ventre eseguita da Fragalà davanti all’estasiato Lord Alfred e il conseguente rapporto sessuale che ne scaturisce sono di straordinaria bellezza. Sembra di vedere veramente Fragalà con il suo reggiseno di raso rosso tempestato di perle che le esaltano il seducente seno e la sopracintura di raso giallo  che irradia e abbraccia le anche ed esibisce con complicità la nudità dei fianchi e del ventre, mentre il  lungo velo rosso  gioca in maniera provocante a nascondino con le statuarie e nervose gambe … il tintinnio dei ninnoli d’oro alle caviglie  enfatizza ogni minimo movimento in sincronia con i lunghi ed ondulati capelli che avvolgono le spalle marmoree. E poi a suon di liuto e di tamburo: la danza! E dopo la danza: l’eros! Eh sì, è proprio una visione: un sogno! Un sogno che ogni uomo vorrebbe fare.

“La regina ribelle” è un racconto delizioso, una perla di letteratura. Con questo sogno, il maestro Lacagnina ti prende per mano e ti porta all’ultimissimo piano del grattacielo più alto che si trova nel cuore della fantasia. Dopo avere attraversato il labirinto dei suoi ventricoli e aver provato l’inebriante vertigine delle possibilità, sentirai una dolcissima musica senza note provenire direttamente dal pentagramma della vita: è il palpito dell’immaginazione che scandisce il suono del silenzio. Qui tutto può avvenire, anche di diventare una formica regina! In questo bellissimo racconto Nino Lacagnina svela un po’ il segreto della sua arte di scrittore. Così come nella scultura egli plasma e modella la materia, con la scrittura plasma e modella una conoscenza scientifica o storica che sia. Sempre sorretto, in entrambe le arti, dall’idea che ha concepito con la testa e con il cuore. La fantastica storia della formica regina ribelle è il risultato creativo di un artista sensibile che conosce benissimo sia le leggi dell’uomo che quelle della natura. Le specifiche nozioni utilizzate riguardanti l’entomologia sono servite come inedito palcoscenico dove rappresentare un’originalissima e commovente storia d’amore. La trama di questo sogno-racconto è così bella che si presterebbe benissimo come soggetto cinematografico, un po’ come il romanzo “La gabbianella e il gatto” di Luis Sepùlveda che è stato portato sul grande schermo da Enzo D’Alò.

Con “Aldilà la luce” inizia la parte del libro che raccoglie i “Sogni di vita reale nelle zolfare”. Da questa pagina in poi, caro lettore, Nino Lacagnina ti offre uno scrigno traboccante di ricordi ad occhi aperti. E’ il colpo di scena dell’artista: dopo i due racconti fantastici il testo vira verso una commovente narrazione autobiografica. Qui i personaggi sono reali, anche se molti non sono più residenti in questa nostra dimensione che chiamiamo esistenza. La realtà onirica collegata ai ricordi, agli affetti e ai numerosi ed embricati sentimenti d’amore, di amicizia, di giustizia ha messo nell’anima dell’autore degli occhiali in grado di guardare attorno e dentro di sé attraverso la luce proveniente dall’aldilà. Se tu, caro lettore, riuscirai ad aprire  il tuo cuore e a fare entrare un po’ di quella luce sulle pagine che hai davanti ai tuoi occhi, assisterai alla magia dell’arte della comunicazione: sulla tua pelle sentirai allora tutta la gamma delle emozioni che un uomo possa provare. Rabbia e  tristezza per le incredibili condizioni in cui erano costretti a lavorare come schiavi i “carusi” e i minatori nelle viscere della terra. Rancore e amarezza per le tragedie consumate dove hanno perso la vita una miriade di zolfatai e continuano a perderla ancora oggi un sacco di persone a causa dei tumori causati dalle scorie radioattive seppellite nelle miniere dal business gestito dalla mafia e dai servizi segreti. Dolore profondo per la dolce Paoletta, la nipote diletta del maestro Lacagnina morta di cancro lo scorso anno dopo atroci sofferenze. Nostalgia dei vecchi tempi rievocati grazie alla recente conoscenza di un ex studente del glorioso Istituto “Sebastiano Mottura”. Tenerezza e gaiezza per i premi speciali che i vincitori della lotteria della scuola consumavano presso la benemerita Lidia tenutaria della casa chiusa di via Tommaso Tamburini. Gioia e soddisfazione per aver superato brillantemente, grazie al sapiente utilizzo della bussola, le difficili prove del primo incarico di lavoro nella miniera Baccarato di Piazza Armerina. L’orgoglio tirato fuori dai lavoratori della miniera accusati da una commissione di tecnici inglesi di lavorare poco e lentamente. La forza di volontà espressa dall’autore quando giurò a se stesso che non  avrebbe mai costretto la moglie a vivere nel difficile luogo di lavoro della miniera e la conseguente gioia per aver vinto il concorso all’Ispettorato del Lavoro. L’amore candido e puro per zio Peppe e zia Annita protagonisti di tanti momenti indimenticabili che hanno reso dolce con piccole attenzioni anche i periodi più amari della vita. Bellissima la descrizione dello zio Peppe – cuoco sopraffino -  a Milano impegnato a procurarsi la verdura per preparare piatti che gli rievocassero i sapori della sua Caltanissetta: “Sin dal primo mattino (lo zio Peppe), scandagliava i mercati rionali. Aveva scoperto una certa bieta di quelle parti che lessata e poi saltata in padella dava l’idea dei nostri ‘spinaccioli’ e così, quando riusciva a procurarseli, mi telefonava annunciandomi che l’indomani sera sarei stato loro ospite. Quando giungevo a casa loro … si chiacchierava del più e del meno sino a quando zio Peppe compariva trionfante con una sperlonga di spaghetti fumanti conditi con gli spinaccioli milanesi. Non ricordo con esattezza il loro gusto, ma assicuro tutti che l’effetto che mi procuravano era quello di sentirmi a casa mia, nella mia Sicilia. … Lui vedendomi così soddisfatto, mi diceva: ‘sti pulintuna, non capisciunu nenti (questi mangia polenta, non capiscono niente); ogni volta che cerco e acquisto la verdura, mi chiedono se in casa ho qualche animale. Io dico che ho una capretta e così mi lasciano in pace”. Anche l’emozione che proviene dall’esperienza del grande mistero della vita e della morte è legato a zio Peppe. Un profondo e coinvolgente dialogo fatto in sogno con il suo adorato parente rimasto sospeso tra la vita astrale e la grande luce offre all’autore la possibilità di scrivere sull’arcana geografia dell’esistenza. Dove non c’è posto per la morte, ma solo per altre forme di vita. E a colei che ogni umano teme, riuscirà a convincerla a fargli visitare la “Città delle Meraviglie”. La città dove potrà incontrare tutti i suoi cari che lo hanno preceduto nel viaggio e che lo accoglieranno organizzando una festosa rimpatriata. Nell’attesa, il sentimento della morte è affrontato con onestà intellettuale e con la forza struggente ed evocativa della poesia in compagnia degli amici Angelo e Vincenzino, del fratello Lello e dello zio Peppe. Come vedi, caro lettore, il libro che stai per leggere è particolare, particolarmente bello perché è il  “libro aperto” di un uomo che  ha sempre vissuto sognando l’arte, l’amore e la verità.

Salvatore Farina



Caltanissetta, 15 Dicembre 2012