sabato 5 settembre 2009

Nuccia Grosso Azzaro


A Nuccia
Ciao Nuccia,
anche tu,
purtroppo,
ci hai lasciato
ed io
col cuore gonfio di tristezza,
nell’indirizzarti
alla mia Città delle Meraviglie,
quella posta a destra della costellazione di Orione,
dove sostano gli amici comuni
e gli artisti più cari,
con le parole di quella mia poesia
che tanto amavi
ti dico
- ci manchi
Si
ci manchi
con la tua verve
con la tua allegria
il tuo amore per la verità
che spesso ha dato fastidio ai notabili tutti.
In tuo onore
ti recito
ancora una volta quella poesia:

“Mi manchi all’alba
quando il rosso riverbero del sole annuncia
il nuovo giorno.
Mi manchi la notte
quando il cielo stellato racconta
la sua vita millenaria.
Mi manchi quando,
dopo una giornata assolata,
tramontato il sole, si scuote la brezza.
Mi manchi sempre…
come l’acqua alla gola arsa del carovaniere,
il fuoco scoppiettante
al crochard nelle notti d’inverno,
Il dolce seno materno al bimbo
e la fresca rugiada ai fiori.
Mi manchi.”
Ciao ninoelle 4 Settembre 2009






mercoledì 22 aprile 2009

Il mio tempo perduto


Ieri, 22 Aprile 2009, in una riunione familiare ho letto una delle mie ultime poesie dal titolo
"Il mio tempo perduto" che è un inno alla dolcezza degli splendidi sorrisi dei miei nipoti Alessandra e Marco e Andrea Lacagnina.

Il mio tempo perduto
La mattina,
quasi sempre,
dalle sei alle sei ed un quarto,
sintonizzatomi su RAI uno,
mi faccio catturare
dal tempo perduto,
il mio tempo perduto,
quello di quando avevo
diciotto venti anni,
quando in Italia
si gridava al miracolo economico
e per le strade ruggiva la contestazione
che prometteva di rinnovare il mondo
migliorarlo,
ripulirlo dallo sfruttamento,
i sopprusi,
le ingiustizie,
ed io,
figlio piccolo borghese del mio mondo di periferia,
assaporavo le canzonette
accompagnate dall'orchestra di Cinico Angelini
che suonavano le note:
tu sei romantica
amica delle nuvole...
questa piccolissima serenata
con un fil di voce...
amare un'altra dopo te...
nel blu dipinto di blu
e volare, volare felici...
Ma non so propria
cos'altro avrei potuto fare
oltre a sognare
di trovare una sistemazione
e mettere su famiglia...
Ma sì,
avrei potuto contestare,
prendere a simbolo
l'immagine di Che Guevara,
immortalata da quella foto
scattata da Alberto Korda
e poi,
poi,
come quasi tutti gli altri,
per recuperare il tempo perduto,
avrei cercato e trovato
una sistemazione,
mi sarei sposato,
messo su famiglia,
cresciuto i figli.
Ma propria questo ho fatto,
non ne sono particolarmente fiero,
non perchè in cio'
c'è qualcosa di disdicevole,
ma perchè
non ho mai veramente sognato,
sperato,
impegnato con alti ideali.
Ma se guardo
i miei dolci nipoti,
Alessandra e Marco
e il mio ultimo nipotino,
Andrea ,
magnifico bimbo di sei mesi,
che ora inizia a balbettare
pà, mà, pà...
allora dico
che non ho perso tempo,
e questa certezza me la danno
i loro splendidi sorrisi.
Ninoelle


martedì 31 marzo 2009

Giovanni Manna da Gela

Sintesi del discorso del Prof. Giovanni Manna, docente di lettere classiche al Liceo Carafa di Mazzarino, pronunciato in occasione della presentazione del libro "Un fiore di Loto nel Bahr Belà Mà" di Bromelia e nino Lacagnina giorno 27 Marzo 2009 presso la chiesetta San Biagio di Gela.
Alla cerimonia hanno partecipato inoltre, Andrea Cassisi presidente del Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana "Salvatore Zuppardo", Sandra Bennici Assessore alla Cultura Del Comune di Gela e Luciano Vullo già Dirigente Scolastico Ex Assessore All'Istruzione del Comune di Gela- autore della prefazione al libro.

Un fiore di loto nel bahr belà ma, ovvero la poesia nel tempo di internet.
Una Musa virtuale, i post di blog che diventano ricettacoli poetici, una giornalista che diventa inconsapevole investigatrice a causa di una scoperta imprevista, e -proprio in quanto imprevista e per di più misteriosa- affascinante. La poesia tradizionale non veniva scritta sui post né conosceva le modalità di uso e fruizione dei cosiddetti ‘blog’. Però i tempi sono cambiati, la tecnologia oggi permette di conoscersi, magari anche perdersi per poi rincontrarsi. E soprattutto permette l’annullamento delle distanze geografiche. Un fiore di loto in mezzo ad un grande mare senza acqua: il titolo è enigmatico e carico di significati. Secondo l'antica cosmogonia egizia, da un fiore di loto nacque Ra, l’antico Dio-sole venerato dagli egiziani: il dischiudersi del bocciolo di loto illuminò di luce divina le acque limacciose di quello che era indicato come “Caos Informe”. Da quel momento non vi fu più solo Caos ed Oscurità. Il fiore di loto è uno dei simboli più frequenti anche nell'iconografia indù. A rappresentare ciò da cui nasce il tutto e da cui il tutto prende vita, nella simbologia etrusca vi è un fiore ad otto petali, comunemente associato al fiore di loto. Il loto, dunque, rappresenta l'auto-creazione, la nascita della terra dal caos e, nello stesso tempo, la luce e l'ordine, l'aspetto evolutivo del mondo e degli uomini.
Oggi bisogna parlare non più di distanze fisiche, quanto di distanze dei sentimenti e della passione. Alì e Lhiao, i due protagonisti -o meglio gli autori di quella lunga sequenza di post che costituisce la parte portante del libro- sono emblema di due mondi lontani tra loro ma ravvicinati dalla tecnologia. E dalla passione. Le distanze sono annullate da un continuo desiderio di ritrovarsi, di non perdere le tracce di sé e della persona amata, che poi la persona amata è il tempo, e il tempo è la persona amata, in questo continuo ed infinito rincorrersi di sentimenti che stanno fuori il tempo e fuori lo spazio.
Vanno riconsiderati i concetti di luogo fisico-geografico e di tempo: la tecnologia aiuta ad avvicinare gli spazi. L’America, la Cina, il deserto africano: tutti uniti in un’unica prospettiva, in una proiezione collocata in un futuro indeterminato. La storia d’amore si situa non tanto per recuperare uno spazio ma il tempo. Il deserto, questo mare senza acqua, come simbolo dello smarrimento; la perdita del senso, la perdita della traccia di sé e della persona amata.
Alì e Lhiao non vogliono recuperare uno spazio che non c’è: vogliono recuperare un tempo, un tempo in quanto tale. La ricerca della giornalista Alysia riporta alla luce questa storia, una storia espressa dai loro versi, emozioni che vibrano fuori dalla cronologia, versi raccolti nelle copie dei post lasciati sui blog. Post e blog, due termini che oggi non sono più così sconosciuti, ma pur sempre termini molto recenti, figli dell’informatica e di internet in partico. Un blog è un sito internet in cui l'autore scrive periodicamente come in una sorta di diario on-line. Attraverso i blog c’è la possibilità di pubblicare documenti su Internet. Documenti, oppure poesie. Immagini, oppure afflati lirici.
Questa storia si svolge in 5 capitoli, quanti sono i fascicoli di fogli stampati che contengono i post che la giornalista trova un po’ per caso rovistando nel garage della casa di una sua zia materna. La curiosità della giornalista coincide con la curiosità di noi lettori che aumenta man mano che leggiamo questi misteriosi post tutti firmati. L’amore, travolgente, tra Alì e Lhiao si perde mentre visitano un grande magazzino, a Shangai. Cominciano a scrivere poesie sui blog, senza essere in contatto tra loro. Non si ritrovarono più. O forse sì? Chissà…
Giovanni Manna
dekaton@hotmail.com

sabato 14 febbraio 2009

L’Emporio di Gina

“Nell’Emporio Gina”, sito in Caltanissetta via Napoleone Colajanni n.135, trovi di tutto dal profumo, borse, penne, matite, quaderni, indumenti, bigiotteria, valige, argenteria, occhiali, corredi e chi più ne ha ne metta, in un angolo, in alto, è allestito l’ANGOLO DELL’ARTE dove sono visibili una gran foto di Giusepe Giampapa, dalle belle fattezze, padre di Gina e Enza – gestori - e tre magnifici quadri del Maestro Pennino Salvatore dai titoli:
“Attesa Spaziale”, “Illiria” e “Passato e futuro”.
Pennino è un artista completo, schivo ad ogni tipo di retorica, che nel silenzio del suo studio, sito in località Fontan Bianca di Canicatti, dipinge meravigliosi quadri dove le prospettive dell’ambiente figurato danno la sensazione di spazi sconfinati che lasciano senza fiato.
I colori delle sue tele, tendenti ad un tenue azzurro, che rendono le immagini realizzate celestiali, descrivono in modo impareggiabile le bellezze di albe e tramonti da sogno. Che dire poi dei suoi centri cittadini… bellissimi! Catania, un soggetto a lui caro, è raffigurata con dovizia di particolari con un leggero tocco guttusiano come ” Corso Italia” , “ Pescheria “, “ Piazza Duomo “ e tanti tanti altri soggetti.

Nell’ANGOLO DELL’ARTE inoltre è esposta una scultura di Nino Lacagnina dal titolo “La leggenda di Manaus”.
Poeta, prima che scultore, Nino Lacagnina ci appare una figura fortemente sensibile ed è da questa sua sensibilità che nasce la sua poesia che diventa motivo d’ispirazione per le sue sculture.
Opere, quindi, fecondate da sapienza lirica istintiva che rende visibile la potenzialità spirituale del suo mondo interiore.
Un approdo alla scultura come esigenza di dare immagine al “verbum”, di comunicare attraverso l’abilità gestuale i sogni, le visioni, l’amore, le leggende legate al mondo mitologico.
L’amore per la poesia e la ricerca della materia danno vita a composizioni che nella loro plasticità rivelano il legame inscindibile persistente tra loro.
Un iter evolutivo, ricco di valori morali e di ricerca culturale che ne testimonia il valido talento artistico di Nino Lacagnina, artista da annoverare tra i grandi del panorama artistico contemporaneo. ( da una critica Anna Francesca Biondolillo - Direttrice della Galleria “Il tempio” di Palermo - Critico letterario e d’arte).


La leggenda di Manaus

Nel cuore dello stato di Manaus in Brasile, tra la confluenza del Rio Negro e il Rio delle Amazzoni, in una piccola radura delimitata dal fitto della foresta pluviale, vive una pacifica comunità indio.
La foresta, che sembra proteggere bonariamente i nativi dal mondo esterno, è costituita da rigogliose mangrovie, grandi pampini verde pallido, splendide felci ed enormi imbauba dai tronchi grigio-biancastri che svettano per decine di metri in alto ed esplodono alla sommità in fronde che avvolgono tutto in una luce soffusa di verde.
Nel villaggio sono presenti pochi uomini anziani mentre i giovani sono a caccia e a pesca.
Le donne accudiscono alla prole e svolgono le faccende domestiche. I bimbi giocano felici con i loro lentissimi lemuri e piccole testuggini.
In disparte, un vecchio rugoso sta seduto sul bordo di una canoa tratta a secco; a lui, chi vuole, può chiedere del Dio delfino. Il vecchio, interpellato, narra gravemente:
nelle notti di plenilunio, quando tutto è silenzio, dalle acque emerge un gran delfino che, al chiarore della luna, si trasforma in un vigoroso giovane uomo.
Presto raggiunge la riva e con passo deciso, si reca al villaggio dove, in una capanna, la più bella fanciulla attende senza timore. Lei sa che la nudità la rende preziosa; i suoi piccoli seni turgidi sono doni, i fianchi flessuosi brune liane, le rosse labbra boccioli odorosi, i capelli orchidee nere.
Testimone la luna, i giovani si amano.
Dopo mesi i saggi si riuniscono e proclamano che presto la tribù avrà in dono dal Dio un figlio.
Il volto del narratore, solcato dal tempo, è impenetrabile. Egli è certo che l’evento appena raccontato si è effettivamente verificato e che si continuerà a verificare sino a quando la tribù crederà.
Ninoelle anno1997


Chieste delucidazioni in merito alla piccola esposizione, le sorelle Giampapa hanno detto:
con questa piccola esposizione permanente noi non vogliamo dire nulla di sconvolgente o di trascendentale ma, semplicemente, che l’abbiamo allestita per godere della vista del bello unitamente ai nostri clienti che numerosi vengono a trovarci non esclusivamente per i consueti acquisti ma anche per l’amicizia che da anni ci lega e dove, anche, con grande cortesia, volentieri offriamo loro una tazzina di caffè.
Insomma, il nostro Emporio è un ritrovo di chi ama il bello e l’arte.

Ninoelle 13 Febbraio 2009

giovedì 5 febbraio 2009

Vecchi tempi

Ho conosciuto di recente Michele Curcuruto, un neosettantenne che ne dimostra cinquanta nel fisico e trenta nella mente.
E' simpatico e allegro sebbene colpito pesantemente negli affetti più cari per la dolorosa perdita della sua dolce compagna.
Lui, in genere, ama parlare di cose concrete, realmente avvenute, e, in particolare, della vita nelle miniere di zolfo del bacino del nisseno che si svilupparono, fiorirono e decaddero verso il 1964. Uno spaccato di tale vita è stato da lui descritto magistralmente con il suo libro di successo dal titolo "I Signori dello Zolfo".
Io quando lo vedo arrivare sono subito avvolto dalla memoria del passato, rivedo l'Istituto Tecnico Minerario Sebastiano Mottura di Caltanissetta e rammento i discorsi dei miei compagni che asserivano che appena diplomati saremmo tutti diventati direttori di miniera.
Sebbene già nel 1960 la crisi nel settore cominciasse a farsi sentire per la concorrenza spietata delle industrie degli Stati Uniti d'America, che producevano lo zolfo con il metodo Frasch, permesso loro dalla specifica configurazione dei giacimenti di zolfo, che giaceva nel sottosuolo in formazione di grosse lenti, io, dopo pochi mesi dal conseguimento del diploma, e dopo una breve parentisi di lavoro presso le cave di pomice comunali di Lipari, andai a lavorare nella miniera Baccarato posta tra i comini di Piazza Armerina e Aidone.
Non ebbi il tempo di sperare ed eventualmente accedere alla direzione di tale miniera perchè, dopo appena diciassette mesi, vincitore di concorso, presi servizio all'Ispettorato del Lavoro di Caltanissetta.
Tra le carte di Michele un giorno ho trovato due fotografie che riproducono la mia classe relativamente agli anni scolastici 1955-1956 e 1958-1959. Quel tipo di foto era sempre lo stesso: scattate alla fine dell'anno scolastico con la classe schierata sul tetto dell'Istituto in compagnia di qualche nostro professore che in quel momento era in classe.
Esaminate le foto, non senza provare una forte emozione, riconosco, oltre tutti i miei compagni, padre Campione - professore di religione, l'amato e rimpianto Arcangelo Russo - professore d'italiano, il professore Galletti che insegnava "preparazione meccanica dei minerali", Mammano, inflessibile e severo professore di topografia, il temibile professore Cannizzaro che aveva sostituito l'indimenticabile professore Arcangelo Russo nell'insegnamento della lingua italiana.
Che tempi, noi giovani studenti che per cinque giorni la settimana, dal Lunedì al Venerdì. restavamo tra i banchi per otto ore, il Sabato solo per cinque, nel tempo libero della giornatache restava c'impegnavamo per altre tre o quattro ore a studiare e svolgere i compiti assegnatici con gran lena e volontà perchè abbagliati dal miraggio sempre presente nella mente che il diploma ci avrebbe senz'altro permesso d'immetterci nel mondo del lavoro subito.
Nel libro "I Signori dello Zolfo", scritto con gran maestria e competenza da Michele, è riportata una vicenda che riguarda da vicino "noi" alunni dell'Istituto Mottura: tra gli studenti, quasi tutti non proprio appartenenti a famiglie facoltose, anzi, si svolgevano delle lotterie che premiavano i vincitori con una "doppia" il primo estratto e una "semplice" il secondo da consumare presso la benemerita Lidia tenutaria della casa chiusa di via Tommaso Tmburini.
Io non ricordo questo tipo d'evento forse perchè negli anni 1955-1956-1957 la lotteria era riservata ai compagni di scuola già diciottenni e poi, nel 1958,quando la mia generazione compiva la maggiore età, l'amata Lidia era stata mandata in pensione dalla legge Merlin.
Ma noi, minori dei diciotto anni, avevamo escogitato un altro sistema per entrare nel regno di Lidia: avevamo, non ricordo come, procurato una tessera di riconoscimento di un certo Vasapolli Ignazio, nato nel 1936, mai conosciuto, in cui la fotografia del titolare era, per una piccola parte di essa, ricoperta da un francobollo su cui era apposto il timbro del Comune; bastava sfilare la foto di Vasapolli ed inserire quella di chi desiderava ardentemente in quel momento varcare la soglia proibita.
Con quella carta d'identità, impavidi e fieri, andavamo a trovare la dolce Lidia che, per distrazione o per una sorta di benevola comprensione materna, ci permetteva di accedere alla terra promessa.
Mai nessuno contestò quanti Vasapolli giornalmente o anche più volte al giorno visitavano quella casa.
Dopo la visita a Lidia, il compagno di turno raggiungeva gli altri da "Baffazzi" e raccontava con esplicite parole la bontà della quindicina di turno ed anche le "meraviglie vissute".
"Baffazzi" era il gestore della sala di biliardo posta di fronte al portone dell'Istituto e la sala era il nostro ritrovo, il nostro Club.
Non sempre però, il racconto dei colleghi neofiti era allegro e spontaneo; a volte, eccezionalmente, qualcuno era un po' mesto, impacciato ed allora, i più anziani dei minorenni lo "scrufuniavano" sollecitando il resoconto dell'evento. Al balbettio del malcapitato, tutti ci stringevamo attorno a lui con faccia mesta, salvo a scompisciarci dal riso convulso e trattenuto sulle spalle di chi ci precedeva nell'abbraccio affettuoso.
Era accaduto, l'emozione e l'attesa della prima volta lo avevano tradito e, all'ultimo momento gli avevano causato un maledettissimo "catanazzo" che gli aveva impedito di godere del frutto proibito ma no di perdere il denaro che aveva pagato per l'acquisto della necessaria "marchetta". Il classico "curnutu e vastuniato".
In queste circostanze, rare, tutti ci comportavamo da fratelli maggiori giurando che anche noi avevamo fatto quell'esperienza e che bastava non pensarci più e riprovare una seconda volta con determinazione. L'evento successivo sarebbe senz'altro splendidamente riuscito: Così avveniva!

Nino Lacagnina 31-Gennaio-2009

sabato 17 gennaio 2009

L'articolo di Sicilianimando del giornale Parliamone di Bompensiere.


lunedì 12 gennaio 2009

CHIUSURA “MOSTRA COLLETTIVA D’ARTE NISSENA”

Si è chiusa il giorno dell’Epifania la “mostra collettiva d’arte nissena” allestita nel nostro salone comunale, organizzata dall’amministrazione col supporto dell’ass. Sicilianimando.

Interessante ed eclettico, l’evento ha dato spazio a diverse sfaccettature dell’arte: dalla pittura alla scultura, passando per la moda.

Ad esporre le proprie opere sono stati alcuni artisti, nostri compaesani e non. Varie le tecniche e i contenuti veicolati dalle diverse opere: i quadri di Giuseppe Marotta, tentativi di dar voce a problematiche sociali attuali o semplici sfoghi espressivi, e quelli di Calogero Tuzzè, spesso improntati al sacro e al suo fascino; le sculture di Nino Lacagnina, ispirate all’estremo Oriente; i disegni geometrici e ricchi di colore di Serafino Mantione e infine i particolarissimi abiti del nostro ormai affermato stilista Maurizio Licata.

L’apertura della mostra risale al 22 Dicembre scorso, quando il sindaco, insieme con l’assessore Marotta ha presentato gli artisti; questi sono anche stati sottoposti a delle domande sulle loro opere da parte dei membri dell’associazione culturale, ed hanno risposto con grande disponibilità.

Piccola considerazione personale: Bompensiere ha bisogno di eventi come questi,che speriamo si ripetano di anno in anno. Il mio augurio è che si comprenda questo e si partecipi sempre più numerosi alle iniziative culturali.

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Ho partecipato a questa manifestazione con vero piacere ed ho costatato con quanto entusiasmo gli organizzatori hanno allestito la mostra e condotta a buon fine.

Nino Lacagnina