giovedì 21 febbraio 2008


Jannari

Da molto tempo non “penso“? Da molto tempo non affido le mie più profonde sensazioni a “pensieri” scritti? Ma no! Ho semplicemente sostituito la carta con l’argilla.

Così sono nati Karen e il Guerriero, il dolente, la leggenda di Manaus, Navarro e Isabò, i Neri, Nicuzza, Animandoci, Alba, Terra e oltre, Donna farfalla, Il Viaggio. Poi? Chissà chi e cosa nascerà.

Da molto tempo ho tanta voglia di “pensare” a te, a quei tuoi vissuti lontani fatti di racconti fantastici, credenze popolari e fede.

E così, penso all’amore impossibile di un soldato per “Jannari”, la fanciulla dai grandi occhi di gazzella, intravista in precedenza tra le viuzze di un “Souk” e uccisa nel corso di una scorreria dai terribili predoni del deserto;

A zio Giusè e a quanto t’infervoravi a narrare di lui che, nelle notti d’inverno, con il barilotto colmo di generi di conforto, attraversava a nuoto il braccio di mare che lo separava dalla sua amata segregata nel lazzaretto per il colera.

E penso anche a quella storia paurosa del moro di Derna che, scavata una fessura sotto la soglia, infilava la testa oltre la porta e, in quella posizione, trovava la morte per mano di una giovane donna che con la forza della disperazione gli recideva la testa con una scimitarra.

E le preghiere? Quelle che la sera recitavamo tutti insieme io tu, Lello Ines e Maria, come terminavano? Così: “ e Gesù mio salvaci dalle bestie feroci” e giù lì tutti a ridere. Tempo dopo, però, noi figli non osammo più ridere, mentre tu ti convincesti sempre più della necessità delle suppliche.

Una notte, infatti, un gran tonfo svegliò tutti; li, in mezzo alla stanza, fiero e feroce, stava un enorme ratto grigio-scuro che alla vista del grosso gatto della signora Puzzanghera (nostra vicina e padrona dell’unica stanza che costituiva il nostro appartamento in Via Madonna del lume) non scappò via ma lo puntò. La lotta fu lunga e feroce. Alla fine il gatto uccise il ratto ma dopo giorni, per le ferite riportate, morì.

E Rocca San Felice? Che ricordi!Lì San Giuseppe Cottolengo provvedeva a noi: era finita la pasta o la farina? Poco male…per intercessione del Santo le nostre necessità erano in ogni modo soddisfatte.

E quando in procinto di imbarcarci alla volta di Tripoli tu mi chiedesti cosa avrei voluto in regalo dal mio sconosciuto papà? “una scatoletta di ceci e fave” io dissi, che altro conoscevo? E, infine, quando preoccupato per un’ imminente esame ti chiedevo di scandagliare il futuro per me? Dopo le preghiere alle “anime del purgatorio”entrambi, in silenzio, ascoltavamo e scrutavamo dalla finestra: una vicina gettava acqua pulita sulla strada? Il futuro mi era benigno! Un gatto nero attraversava la strada? Guai in vista!

Eri bella in gioventù. Io ti conobbi matura, poi anziana, quindi vecchia, dolente, immemore. Qualsiasi immagine io riuscissi a fissare nell’argilla non direbbe nulla di tutte le cose che continuano a vivere in me.

E allora? Rinuncio? No! Ti dedico una scultura…Jannari…una gazzella del deserto.

ninoelle