Domenica 19 Aprile 2015 alle ore 18,00 presso il Cral Diarla Dipendenti Regione Siciliana, sito in Caltanissetta via Leone
tredicesimo n. 42, sarà presentato il libro "L'Ultima Stagione" di Nino Lacagnina con prefazione di Gabriella Marchese; condurrà l'incontro la Dott/sa Rossana Manganaro, presenterà il libro la Dott/sa Gabriella Marchese, leggerà alcuni brani la Dott/sa Alessandra Iacono.
Prefazione
Provare a catturare e definire in una breve
sintesi il contenuto, lo spirito letterario
e l’essenza di questa nuova opera di Nino Lacagnina è come voler raccogliere il mare in una conchiglia:
non si può. Perché in essa si intrecciano, si sviluppano, si rincorrono in
libera sequenza i pensieri, le considerazioni, le riflessioni di un uomo che,
giunto alla soglia di quello che lui definisce “l’ultima stagione” si ferma ad
osservare il mistero dell’umano esistere e vaga tra formulazione di ipotesi
mitiche e filosofiche sulla vita, l’immortalità e i destini dell’uomo superando
il timore della morte perché essa è parte di quella meraviglia che per l’uomo è
l’esistere. Così fa intuire al lettore che l’evento finale del vivere si inserisce
nell’armonia cosmica della natura.” Chi piange per le messi nel solstizio
d’estate?” Così, liricamente, Nino
esprime questo concetto.
Sul tema
di quella che Nino Lacagnina definisce
“l’ultima stagione” , nel passato si sono espressi in molti. Ė d’obbligo
citare il “De senectude” di Cicerone in cui l’autore esalta tutti i vantaggi
dell’ultima fase della vita ( compreso quello di poter lasciare presto
l’involucro pesante del proprio corpo per unirsi liberamente al convegno delle
anime ). Anche il famoso “ Elogio della vecchiaia “ di Paolo Mantegazza, sulla
scia ciceroniana, preferisce vedere le opportunità che la vecchiaia offre, ma
non vede prospettive di speranza nella immortalità e si limita, il Mentegazza,
a sdrammatizzare sull’ultimo non rifiutabile evento, suggerendo che tutto
sommato non vale la pena di soffermarsi sul pensiero della morte. Appassionata
e malinconica la “Lectio magistralis: De senectute” di Norbeto Bobbio, mentre
amaro e realisticamente desolante il libretto “Vecchi” di Sandra Petrignani.
Nel nostro autore le varie posizioni si armonizzano senza
contraddirsi. Egli sostiene che è
possibile ( oltre che doveroso ) vivere al meglio e nel modo più concreto e
realistico anche l’ultima fase dell’esistenza senza perdere la possibilità di
assaporare le gioie pur tenendo presenti i limiti dovuti allo scorrere degli
anni, senza inutili lamentazioni e dolorosi rimpianti.
Immerso nel mondo dell’arte e della poesia,
l’autore esplora il ricco patrimonio che ogni persona può esprimere con più
maturità nell’età più tarda.
Rimane il mondo reale degli affetti e delle
emozioni con la serena costatazione di potere gustare le gioie, senza
escluderne nessuna. Il vigore giovanile cede il posto alla tenerezza
nell’assaporare con passione più intensa e matura ogni cosa.
Rimane
anche una duplice fonte di vitalità: il sogno e il ricordo.
IL SOGNO in cui l’autore si pone come
protagonista e si racconta come l’eroe di favole orientali dalle complesse
trame dense di mistero, in avventure guerresche e passioni amorose.
Miti, leggende, saggezza di un mondo lontano
scorrono sotto gli occhi del lettore rivelando il fascino di civiltà
altre.
IL RICORDO con i suoi diversi sentieri che
portano:
- al vissuto giovanile fatto di primi amori
infantili con le ardenti intemperanze della giovinezza;
- ai luoghi, prossimi e lontani che lo hanno
visto crescere ( la sua Africa, via Chiarosi) dove affiorano come da una quinta
di teatro i personaggi di un tempo passato, resi vivi da una nostalgia leggera e anche sorridente;
- alle esperienze da soldato, con le sue esilaranti goliardiche storie;
- al lavoro in miniera, e poi altrove con tanti
interessanti e a volte divertenti aneddoti delle sue esperienze;
- ad altri luoghi, quelli dei suoi numerosi
viaggi, nello stupore della scoperta di paesaggi sorprendenti per maestosità e
bellezza, di culture e costumi diversi, e di innumerevoli espressioni d’arte in
ogni sua forma;
- alla
memoria delle persone conosciute, amate e presenti ancora nella sua vita, ma a
volte, ahimè, anche perdute: familiari, amici che hanno lasciato una traccia di
sé. Una memoria che non è solo struggimento e nostalgia, ma che lascia
intravedere una indefinita speranza nella quale tutto si ricompone, secondo
un’intuizione che non è un assioma di fede, ma che conduce alla certezza che
l’uomo è immortale, anche se non lo sa, e che tutto torna a rivivere in una
dimensione in cui c’è posto per l’amicizia, per gli affetti, per la bellezza e
per tutti i sentimenti umani.
C’è, nel testo, una lunga parte dedicata alla
considerazione di chi, sulla soglia dell’ultima stagione, ne costata
realisticamente i limiti, ma considera soprattutto che amministrando con arte
le risorse di cui dispone, può gustare le gioie dell’esistenza con più
consapevolezza. L’impeto cede il posto alla dolcezza in una dinamica di
delicata armonia in cui tutto assume il sapore come di un frutto giunto alla sua
piena maturazione da assaporare con serenità.
L’autore usa una prosa concreta. Ama descrivere i fatti come una lunga
conversazione tra amici. A volte ha i toni di una cronaca scarna, altre si
accende e si inerpica nel sentimento e
nella passionalità. I versi parlano di luoghi, sensazioni, persone. Sono lì per
fermare l’attimo, il sentimento, l’emozione. Spesso hanno la caratteristica di
una prosa sognante che si fa poesia nella mente dell’autore. Delicatissime le
pagine dedicate agli animali ( gattini e cagnolini ).
In tutto il libro si nota una purezza del
pensare privo di pregiudizi e di falsi pudori.
Gabriella Marchese